Concetta, chi era costei?

di Matteo Gentile

Angela Calefato da Martina Franca, attrice, autrice, regista, un po’ “Wonder Man, ma anche no” come il titolo di uno spettacolo da lei scritto, diretto e interpretato qualche anno fa. La incontriamo in un bar affollato, in una fredda sera di fine inverno, in un suo blitz in città tra gli innumerevoli impegni che la vedono protagonista a Roma. Come tanti talenti nostrani ha lasciato la sua casa per inseguire i suoi sogni, e continua a vivere di teatro, scrittura, e adesso anche un po’ di Facebook.

angela4Ultimo lavoro fatto?

“A parte le Monologhe, che porto ancora in giro, ho appena terminato uno studio su Dogville. Se voglio portarlo in scena dovrò chiedere i diritti a  Lars von Trier o alla società danese che ne cura i diritti. Io sono fatta così, mi piace passare dall’impegnato al comico. Non ho una preferenza di genere perché innanzitutto mi devo divertire, quindi posso passare da Concetta, la casalinga di Bitonto, alla dark lady. Poi Concetta, in realtà, non è un vero e proprio personaggio teatrale. E’ una maschera che può non avere neanche molta attinenza col teatro. E’ nata quasi per scherzo, in un momento disimpegnato e disimpegnante dell’estate, mi è partita così di getto e l’ho portata avanti con grande riscontro di pubblico social. Quasi diecimila fan che mi seguono su Facebook proprio non li avrei mai immaginati. Ora vediamo cosa ne viene fuori, chissà. In ogni caso è un piacere realizzare dei semplici video, anche in momenti di routine, per parlare in maniera scanzonata e ironica di fatti di cronaca o degli argomenti del giorno senza diventare troppo pesanti. Poi ci sono video che vanno di più perché trattano argomenti che tirano di più, tipo quando parlo degli omosessuali, un argomento sempre scottante che provoca ogni volta un’impennata di visualizzazioni e commenti. Tutto sommato sono contenta di come sta andando, pensa che ci sono emittenti radio nazionali che mi interpellano per avere il parere di Concetta, la casalinga di Bitonto, su argomenti d’attualità. Per esempio sulla legge Cirinnà, che per Concetta è Cincillà, sulla quale ho comunque modo di esprimere le mie opinioni in maniera ironica ma convinta. Si parla comunque un po’ di tutto, dalla dieta, alla palestra, a Trump, detto proprio così, ti-u-emme-pi, ma sempre in maniera scanzonata e leggera. I miei fan mi chiedono quando mi vedranno a Colorado o a Zelig… non ci ho mai pensato, però, mai dire mai!”.

angela0E noi certamente te lo auguriamo, perché no? Però in Italia c’è una separazione netta tra il teatro cosiddetto impegnato e il comico.

“In realtà in Italia non c’è una vera e propria dignità del teatro comico, perché si pensa che il teatro debba essere solo impegnato. Io invece mi batto sempre affinché non sia così. Io stessa spazio dal comico al fortemente impegnato anche nel sociale, perché penso che il teatro sia raccontare delle cose e farlo sempre in maniera professionale, che sia comico o meno”.

E invece c’è una sorta di separazione delle carriere, in pratica!

“Vero, anche se questo fenomeno in effetti è più marcato nel mondo del cinema. Là non ti aspetterai mai che un regista si innamori della tua bravura e magai ti dica di tagliarti i capelli o di invecchiarti, o comunque di cambiarti l’aspetto fisico con il trucco. Soprattutto in Italia succede invece che tu debba essere già bello, impacchettato e preciso per un determinato personaggio. Non conta quindi tu sia bravo, ma che tu abbia delle caratteristiche fisiche determinate. Secondo me questo è sbagliato, perché molti attori, anche bravi, rimangono incastrati in un personaggio e fanno fatica a uscirne, altrimenti si viene considerati poco credibili in situazioni differenti”.

Ma è così anche nel teatro?

“Molto meno, perché nel teatro non puoi mentire. Anche se spesso, ultimamente, per creare le file al botteghino le produzioni tendono a privilegiare i “nomi” e “volti” noti, anche se questo accade soprattutto nei paesi di provincia dove il nome attira molto. Diverso è a Roma e a Milano, dove l’offerta è molto ampia e il pubblico cerca soprattutto la qualità. Questo però diventa una limitazione per una produzione, che quando deve decidere di mettere in piedi uno spettacolo deve pensare a una tournée, non può immaginare di proporlo soltanto a Roma o Milano. Quindi restano a loro volta incastrate in questo dilemma, se fare teatro o prendere il nome del cinema che fa botteghino anche in provincia”.

C’è un modo, un’idea, un suggerimento per combattere contro questa contraddizione?

“Secondo me un modo c’è, o almeno io ci sto provando. Ho scritto un thriller e da un anno sto lavorando per ottenerne la produzione. E’ stato chiesto anche a me di inserire dei nomi noti, e in realtà avevo anche provato a contattarli, ma ovviamente è un cane che si morde la coda, perché il personaggio che già lavora al cinema vorrebbe la certezza della produzione, mentre la produzione vorrebbe la garanzia del nome. Come uscirne? Ho visto che la tendenza si sta un po’ modificando a favore della qualità. Per esempio ho recentemente visto a Roma uno spettacolo bellissimo, interpretato da attori non di grandissima notorietà, però davvero bravi. In un’ora e mezzo di spettacolo hanno raccontato soltanto con la danza la storia d’Italia dagli anni ’20 ai giorni nostri. E’ stato un successone, tra l’altro andato in scena in uno dei teatri più importanti della Capitale, dimostrando così che un prodotto di qualità  va avanti a prescindere dal cosiddetto “nome”. Quindi voglio perseguire anch’io questa strada: puntare alla qualità e non scoraggiarmi di fronte alle difficoltà”.

angela2In questa tua continua lotta con la realtà che ci stai descrivendo, tu sei felice?

“Guarda, recentemente è scomparso un antropologo che ha detto che la felicità non sta nel non avere problemi, ma nel sapersi porre bene di fronte a essi. Io a un certo punto ho deciso di voler fare questo mestiere, e non proseguire in un’altra direzione dopo aver conseguito la laurea in economia. Questa scelta mi ha posto di fronte a tanti problemi, però io credo che chi insegue un sogno nonostante le difficoltà oggettive e fa comunque il lavoro che gli piace sia più felice di altri. Quindi sì, io mi sento felice, perché faccio quello che per me è un sogno sempre sognato”.

A questo punto è quasi scontato chiederti se tu abbia più rimpianti o più rimorsi.

“A volte rimpianto e rimorso possono anche coincidere. Se il rimpianto è non aver azzardato, e il rimorso è legato più ai sensi di colpa per aver fatto e aver sbagliato o ferito qualcuno o se stessi, credo che sia sempre meglio avere dei rimorsi, proprio perché vuol dire aver osato. Io rimpianti assolutamente non ne ho, perché mi sono sempre buttata in situazioni impossibili. Ma credo di non avere neanche rimorsi, perché non credo di aver mai ferito nessuno. Se dovessi scegliere, però, preferirei avere dei rimorsi perché c’è sempre tempo per cambiare e per rimediare a eventuali errori commessi”.

Rimanendo sempre sul personale, la mattina qual è il tuo primo pensiero appena sveglia?

“Il caffè! Poi, penso che se non sono positiva  rischio di rovinarmi la giornata ma anche tutto quello che potrà accadere entro il prossimo mese, anche perché quando sei imprenditrice di te stessa non puoi permetterti di stare giù. Poi trovo la forza oltre che in me stessa anche in persone che non ci sono più, ma che vivono in me e con le quali continuo a parlare anche ad alta voce. Parlare con gli angeli ti aiuta, a volte anche più che parlare con altre persone che magari stanno peggio di te. E poi tendo a non ingigantire i problemi e a cercare di risolverli così come vengono. Comunque, la mattina, finché c’è il caffè, è sempre una meraviglia!”

Assodato che a casa tua non deve mai mancare il caffè, tu ti senti più attrice o autrice?

“Mah, io mi sento un po’ trina, autrice, attrice e regista. Un po’ mi vergogno a dire che faccio tutte queste cose, perché magari gli altri possono pensare che vabbè, almeno una la farà male, ma nell’accezione americana mi sento di essere una performer. Questa cosa in Italia non viene vista di buon’occhio, perché si pensa che se fai una cosa non puoi farne un’altra, ma io sono ostinata e provo a farle tutte insieme. Anche se devo dire che mi appaga e diverte di più un eventuale complimento sulla mia attività autorale e registica che non su quella di attrice”

Forse perché viene in questo caso apprezzata la tua creatività

“Esatto! Perché vuol dire che ho ancora un’immaginazione”

E quando cala il sipario, l’emozione più forte che provi qual è?

“Come per tutte le persone il cui mestiere è quello di esporsi continuamente al giudizio altrui, sicuramente il primo pensiero quando cala il sipario è quello di chiedersi cosa ha detto il pubblico, se gli è piaciuto o meno. Viene fuori quel briciolo di vanità che ti porta a calcare le scene. Anche perché, senza pubblico, l’artista non esiste”

Non possiamo che chiudere così, tra il tintinnio delle tazze e il vociare degli avventori che ci avvolgono in questa sera di fine inverno.

Un grazie da parte di tutti i lettori di Saturno22 e un grosso augurio ad Angela Calefato perché continui a sognare.

“Grazie di cuore. Un saluto a voi tutti e grazie anche per gli applausi virtuali che vorrete dedicarci!”

Sperando di incontrarci quanto prima a teatro

(ph. gmorbioli)

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