“Risate e lacrime sono emozioni”



di Matteo Gentile

“Non c’è niente di male a far ridere la gente”. E’ una frase pronunciata da Saverio, l’anziano carabiniere in pensione nella strepitosa interpretazione di Lello Arena, nel bel mezzo della commedia teatrale “Parenti serpenti” andata in scena al Teatro Verdi di Martina Franca giovedì 19 gennaio 2017 come secondo appuntamento della stagione teatrale martinese in collaborazione col Teatro Pubblico Pugliese. L’opera, infatti, prometteva lacrime e risate, come avevamo scritto anche su queste pagine nella presentazione dell’evento. E così è stato. Anche se, in realtà, sono state molte di più le risate. L’amara riflessione, a parte un paio di monologhi “riflessivi” nel corso della narrazione, è arrivata soltanto nel concitato e in un certo senso macabro finale, quando il cast si è “mischiato” al pubblico, abbattendo il quarto muro del sipario e “invadendo” la platea quasi a voler dimostrare che quello che accadeva nella finzione in realtà è storia di tutti i giorni nell’attuale società. Tema della commedia la complicata collocazione degli anziani, in una società dove le relazioni familiari si fanno sempre più difficili, minate da interessi individuali che portano a decisioni a volte brutali. Ispirata al memorabile film di Mario Monicelli, uscito nel 1992 e diventato un vero e proprio cult della cinematografia italiana,  la trasposizione teatrale firmata da  Carmine Amoroso, per la regia di Luciano Melchionna, deve per forza di cose utilizzare tempi e linguaggi diversi dall’originale. Accanto a un Arena fortemente ispirato, c’è Giorgia Trasselli, nel ruolo della moglie Trieste, che prova a tenergli botta, mettendoci tutta la propria esperienza teatrale. Il cast è completato da Raffaele Ausiello, Andrea De Goyzueta, Carla Ferraro, Autilia Ranieri, Annarita Vitolo, Fabrizio Vona, tutti credibili, ben calati nei personaggi e ben affiatati tra loro. Se si vuole guardare alle emozioni suscitate dall’opera teatrale, sicuramente ce ne sono tante, e ogni spettatore avrà riconosciuto situazioni e storie reali. Saverio, il padre di famiglia, si fa subito voler bene dal pubblico. Personaggio apparentemente un po’ matto ma in realtà ben presente a se stesso, grazie anche alla grande maestria interpretativa di Lello Arena attira le simpatie e fa parteggiare per lui. L’attore napoletano ci mette molto del suo nel dare al personaggio una caratterizzazione forte e ben delineata, inscenando gag esilaranti che sembrano distogliere l’attenzione dal dramma che si sta per consumare. I battibecchi tra marito e moglie ricordano un po’ quelli tra Luca Cupiello e la moglie Concetta, gli indimenticati Eduardo e Titina De Filippo, così come anche l’albero di Natale ammicca al “presepio” del “Natale in casa Cupiello”. Ma le citazioni sono anche un apprezzato omaggio a uno dei padri della grande commedia italiana. Gli “altarini” che i figli si portano dietro si scoprono proprio nel finale, quando i genitori chiedono che siano essi stessi a scegliere chi dovrà occuparsi di loro, ormai troppo anziani e stanchi per vivere da soli. Di fronte alle difficoltà, i parenti non esitano a rovesciarsi addosso veleni, proprio come serpenti che attaccano nell’ombra. Chi ha visto il film, a questo punto, si rende conto di come la drammaturgia, fin qui abbastanza originale rispetto a quella cinematografica, vada ora a inserirsi negli stessi binari tracciati da Monicelli. Pur con i dovuti accorgimenti scenici legati al palco, con una scenografia che, a sua volta, richiama molto quella del celebre musical “Aggiungi un posto a tavola”. Una base rotante che mostra la casa da prospettive differenti, con diverse incursioni in platea iniziate già dalla presentazione iniziale dei figli e delle loro storie. L’esplosione finale, causata dalla stufetta a gas regalata dai figli ai genitori, sommerge il pubblico nel fumo e lo porta a immergersi idealmente in una realtà dolorosamente attuale. Una soluzione drastica, un taglio brutale ai sentimenti e alla dovuta riconoscenza verso chi ha speso una vita per la famiglia. Un messaggio raccontato tra risate e lacrime, che al di là di ogni considerazione tecnica lascia lo spettatore con una strana sensazione. Quella di sentirsi un po’ complici, perché in ognuno possono albergare sentimenti negativi di fronte alle difficoltà della vita. Però con una convinzione. Che il teatro, in ogni caso, non è soltanto intrattenimento o diversivo, né tanto meno una fuga dalla realtà. Tutt’altro. E che la cultura è ricchezza.

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