“Amiche e teatro, la mia vita”

 

di Matteo Gentile

Sara Putignano da Martina Franca. Giovanissima attrice che si sta facendo valere a livello nazionale, tanto che nel 2016 è stata proclamata miglior attrice italiana under 35 e ha ricevuto il premio “Eleonora Duse” come miglior attrice emergente.
Avevamo un appuntamento telefonico con lei nel bel mezzo dei suoi impegni lavorativi e personali, e non potendolo rispettare “al minuto”, ci manda un messaggio promettendoci che ci richiamerà lei. E lo fa dopo pochi minuti. Un gesto apparentemente normale, ma che depone a suo favore come persona attenta e sensibile. Se non altro, educata, qualità che sembra non essere alla moda, ultimamente.
Innanzitutto grazie per la tua disponibilità.
“Scherzi? Grazie a voi per l’interesse”
Sara, nella tua città, Martina Franca, oltre agli amici e agli addetti ai lavori, sei nota al grande pubblico soprattutto per lo spot pubblicitario che precede le proiezioni cinematografiche, mentre i più attenti “navigatori” in rete ti conoscono per la tua partecipazione da protagonista accanto a Camillo Pace nel video di “E allora balla”. A livello nazionale, invece, vai alla grande. Non tutti i martinesi e i pugliesi, quindi, ti conoscono fino in fondo. Vogliamo dunque spiegargli chi sei e parlare della tua attività anche abbastanza intensa di attrice? Dopo tutto, ti sei diplomata alla Silvio D’Amico relativamente da poco.
sara putignano-1046“In effetti l’anno scorso sono andata vicino al portare uno spettacolo a Martina ma poi per varie ragioni non si è più fatto, e la cosa mi è molto dispiaciuta. Ho girato un po’ tutta l’Italia ma non sono mai stata né in Puglia né nella mia città e questo mi dispiace molto perché un mio grande desiderio è fare qui uno spettacolo. E spero che prima o poi qualcosa si faccia per non essere sempre quella che invita a fare pubblicità al cinema! Scherzi a parte, sono rimasta molto legata alla mia città anche se, per forza di cose, ho dovuto lasciarla da giovanissima per seguire la mia strada. Avevo iniziato a fare qualcosa a Martina tramite la mia scuola e la Fondazione “Paolo Grassi” che mi aveva dato l’opportunità di conoscere un po’ il mondo teatrale a livello di didattica. A diciotto anni mi sono trasferita a Roma dove ho frequentato per due anni l’università, che poi era il compromesso con i miei per poter andare fuori casa. Ma io fondamentalmente volevo fare teatro, e quindi parallelamente agli studi universitari ho frequentato la scuola “Il Cantiere teatrale” dove ho potuto assaporare a livello più professionale cosa volesse dire studiare per il teatro. Poi nel 2007 il provino all’accademia “Silvio D’Amico” dove sono stata presa al primo tentativo. L’ho frequentato per tre anni e mi sono diplomata, con grande sorpresa e felicità per essere riuscita subito a inserirmi in un’accademia così prestigiosa. Nel corso dell’ultimo hanno ho avuto l’incontro con Luca Ronconi che ha dato una svolta decisiva alla mia formazione e quindi alla mia carriera artistica. Infatti il percorso formativo con lui mi ha portata al debutto nello spettacolo “Sei personaggi in cerca d’autore” dove interpretavo il ruolo de La Madre. In seguito Ronconi mi ha richiamata per cinque anni al Centro Sperimentale Santa Cristina, una scuola estiva che lui dirigeva in Umbria, dove ho continuato la formazione e abbiamo lavorato su diversi testi. Parallelamente è iniziata una serie di opportunità di lavoro attraverso collaborazioni con registi diversi e importanti. Ho lavorato anche al cinema come co-protagonista nel film “Ambo” accanto a Serena Autieri e Giancarlo Giannini e altri lavori, di cui uno uscirà a marzo. Quindi ritengo fondamentale il mio incontro con un grande maestro come Luca Ronconi, ma anche la possibilità di lavorare con diversi registi mi ha dato una formazione a largo raggio, non correndo così il rischio di formalizzarmi in un modo di vedere il teatro “a senso unico”. La visione di vari modi di vivere il teatro mi ha consentito di costruirmi una duttilità interpretativa che mi ha favorito a interpretare ruoli molto diversi tra loro”.
Ti consideri una persona fortunata, o tutto quello che hai costruito fin qui è soltanto frutto del tuo lavoro e del tuo impegno?
“In realtà penso che la strada per andare avanti in questo campo sia una via di mezzo tra fortuna e impegno. Sicuramente c’è bisogno di impegno e di talento, ma tutto ciò va accompagnato da fortuna, dove per fortuna intendo incontri fortunati, incontrare la persona giusta al momento giusto, per dirla con una frase fatta. Una volta che l’incontro fortunato c’è stato, però, servono la costanza e il talento per far fruttare quell’incontro. Io in particolare mi ritengo fortunata perché a quanto pare le due cose sembrano stiano andando abbastanza in parallelo”
Diciamo che è un buon inizio e che i premi ricevuti ne siano una testimonianza oggettiva. Al momento, da come possiamo verificare dalla tua carriera, sei molto impegnata nel tuo lavoro di attrice, soprattutto teatrale. Ma spesso si dice che con la cultura non si mangia, e tutto sommato sentendo i racconti di grandi personaggi dello spettacolo e sulla loro gavetta, la “fame” è sempre stata una condizione molto comune. Fin qui è lo stesso per te o grazie al teatro riesci a sostenerti?
“Io continuo a pronunciare (probabilmente anche per scaramanzia, ndr) la parola fortuna, perché fino a questo momento ho sempre lavorato, e quindi ho potuto vivere del mio lavoro. Parallelamente, però, ho una mia compagnia teatrale, la “Blu Teatro”. E con una propria compagnia ci si scontra invece con la crisi e la difficoltà nel creare da soli ed essere produttori di uno spettacolo, trovandosi a volte di fronte a situazioni in cui un progetto porta a rimetterci del proprio invece che guadagnarci qualcosa. Questo anche perché ci si confronta con una visione in cui si vede sempre meno la voglia di investire su nuove realtà di giovani che facciano del buon teatro, mentre risulta più “comodo” sfruttare il grande nome e fare in un certo senso “soldi facili” attirando la gente attraverso la sua notorietà. Naturalmente la questione è molto complessa e non si può ridurre soltanto a questo aspetto. Però mi sento di dire che, se con la cultura non si mangia, in realtà la cultura è necessaria, secondo me è il cibo di cui ogni essere umano dovrebbe nutrirsi perché crea un miglioramento sia di se stessi che della società. E poi, se il teatro esiste da quando esiste l’umanità, probabilmente è una necessità dell’uomo, quella necessità di vedersi rappresentato e di vivere queste esperienze collettive e catartiche che sono gli spettacoli teatrali. Così come la musica e tutto quello che ha a che fare con l’espressione artistica. In sostanza, anche se può sembrare più “conveniente” investire ad esempio in un ospedale, non si può non considerare la cultura fondamentale per lo sviluppo della società. Di questo sono profondamente convinta, altrimenti non darei neanche valore alla professione che ho scelto. Da un lato, considero il mio lavoro come l’attività di una privilegiata, perché è un lavoro straordinario e meraviglioso, però credo anche che abbia un senso sociale e politico nei confronti della società perché, crescendo, l’aiuta a crescere. Molto semplicemente, per concludere il discorso, penso che sia necessario aiutare le città e il pubblico a costruirsi una cultura teatrale perché quando si assiste a una bella rappresentazione sicuramente si esce migliori di prima”.
Psara putignanoarlando di bellezza, oltre ai riconoscimenti oggettivi che tu hai ricevuto per la tua bravura, indubbiamene possiamo constatare che sei una bella ragazza. L’aspetto fisico è per te un punto di vantaggio o un ostacolo?
“Ostacolo non direi, perché la gente mi da subito conosciuto per il mio lavoro e non per qualcos’altro”
In effetti non hai cominciato facendo la valletta o la velina!
“Bè, certo, la prima immagine che il pubblico ha avuto di me non è semplicemente esteriore. Poi devo dire che nel teatro a me piace molto la trasformazione anche fisica, e quindi la mia esteriorità diventa un qualcosa al servizio di altro e mai qualcosa da mettere davanti. Per esempio, nello spettacolo in cui interpreto il ruolo della madre sono completamente trasformata, in quanto interpreto una donna molto anziana, completamente “mostrificata”. Ovviamente se cercano il ruolo di una bella ragazza, magari potrei avere qualche punto in più a mio favore, ma in generale non è mai stata una questione che mi abbia generato né ostacolo né favori”.
Che “rapporto” hai con l’amicizia, in generale ma anche nel tuo ambiente, dove spesso il “gossip” ci parla di rivalità e amiche-nemiche che si scambiano frecciatine sui social?
“L’amicizia per me è una fonte di energia vitale. Le mie amiche che ho a Martina sono le mie amiche storiche. Con loro condivido la vita da quando avevo sei anni, abbiamo frequentato insieme le scuole elementari, le medie e le superiori, e tutt’ora siamo come sorelle. Sono il punto di riferimento nella mia vita, senza di loro sarei una persona molto sola e molto persa. Nella scala ideale dei miei valori, l’amicizia è sicuramente ai primi posti, credo che sia uno dei pilastri della mia esistenza. Per quanto riguarda il mio ambiente di lavoro, sicuramente ci sono delle rivalità, però ho avuto la fortuna di vivere gli anni dell’accademia con delle persone meravigliose. Con loro abbiamo anche creato una compagnia, e ciò dimostra che siamo riuscite a far fruttare l’incontro e non a farlo morire attraverso delle rivalità. Quindi anche le mie compagne prima di accademia e adesso di compagnia sono per me come sorelle, e ognuna di noi riesce ad essere felice dei successi dell’altra”.

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E la rivalità nei confronti delle altre attrici?
“In generale io cerco di dare poco spazio all’invidia, perché dò importanza grandissima a quanto un attore riesca a rendersi unico nel suo genere. E un attore può esserlo proprio perché siamo tutte persone diverse una dall’altra e quindi ognuna unica. Quindi, nel momento in cui un regista sceglie per un determinato ruolo un’altra attrice al posto mio, è perché lui non cercava una tipologia come la mia ma una come quella della prescelta. Pertanto non ritengo che lei abbia preso il posto che poteva essere mio, ma semplicemente possedeva quelle caratteristiche che il regista cercava. Allo stesso modo, quando vengo scelta io non penso di togliere il posto a qualcun’altra ma ritengo di corrispondere alle caratteristiche cercate”.
Sembra semplice …
“In realtà lo è, perché secondo me si tratta di scelte artistiche e anche di consapevolezza di se stessi”
A proposito di scelte. Hai parlato di amicizia soltanto al femminile. Ma sei capace di essere amica con un uomo?
“(una pausa più lunga del solito, chissà che la domanda sia imbarazzante, ndr) Diciamo che la capacità di base c’è senz’altro. Ho diversi amici uomini, anche se non così stretti come le mie amiche. Diciamo che io credo nella possibilità dell’amicizia tra un uomo e una donna, anche se si può correre il rischio che si trasformi o che possano esserci dei fraintendimenti. In ogni caso, mai dire mai”.
Tornando alla tua attività artistica. Molti attori, registi, autori, affermano che il teatro è anche una scuola di vita. Cosa pensi a tal proposito?
“Sì, secondo me sì. E’ una scuola di vita perché innanzitutto, attraverso lo studio e la scoperta dei testi, che poi sono trasposizioni scritte delle dinamiche umane, si riescono a conoscere molti aspetti delle varie tipologie di umanità e a scoprire le molte possibilità esistenti di rapporti tra le persone. Inoltre, lo studio della recitazione ti pone in uno stato di curiosità perenne verso il mondo e verso gli esseri umani. Osservare l’umanità è cibo per un attore o per un’attrice, al fine di poterne cogliere le dinamiche mentali, comportamentali e anche fisiche. Tutto questo apre completamente lo sguardo verso il mondo proprio nel tentativo di rappresentarlo, divenendo così una forma di conoscenza profonda della realtà che ci circonda”.
E’ evidente, da tutto ciò che ci hai raccontato e da tutto quello che fin qui hai fatto, che nella tua vita la professione coincide con la tua passione, ovvero il teatro. Ma ci sono “effetti collaterali” in questa scelta?
“La sensazione principale che questa coincidenza mi provoca in positivo è un senso di completezza, anche se non certo di appagamento perché bisogna sempre impegnarsi per migliorarsi. Gli effetti collaterali ci sono, indubbiamente, e sono legati a due elementi fondamentali. Il primo è lo stile di vita che inevitabilmente prende forma, in quanto il teatro, come tutte le attività legate allo spettacolo, ti porta continuamente a spostarti e a viaggiare, e ciò può creare, a volte, una mancanza di stabilità di cui il corpo e la mente ogni tanto hanno bisogno. Questo, comunque, è un aspetto simile a tanti altri mestieri che portano a spostamenti continui. Il secondo effetto collaterale, più strettamente connesso al teatro e alla recitazione in particolare, è dovuto al fatto che il frutto della creazione non è estraneo a sé stessi. Un artigiano, per esempio, quando realizza un piatto, lo mette su di un tavolo e lo sottopone al giudizio altrui. Se un’altra persona gli comunica il suo dissenso, lui può accettarlo e agire per modificare la realizzazione di un nuovo oggetto secondo criteri differenti, ma tutto quello che fa è comunque esterno a sé. Nel caso della recitazione, invece, il frutto della creazione è la persona stessa, e le critiche esterne possono essere interpretate come personali, e ciò potrebbe portare l’attore a entrare in crisi perché non riesce a scindere la persona dal suo lavoro. Il fatto di lavorare attraverso se stessi, i propri sentimenti, i propri stati d’animo, può creare delle crisi personali che però, secondo me, andrebbero trattate soltanto come crisi di lavoro e dovrebbero servire piuttosto a migliorarsi che ad abbattersi”.
E poi, quello dell’attore, a parte casi particolari, non si può certo definire un “posto fisso”, per dirla alla Checco Zalone.
“Infatti nel teatro si lavora a progetto, e ciò inevitabilmente crea l’ansia del futuro, del cosa farò domani. Bisogna quindi allenarsi nella gestione del panico da vuoto tra uno spettacolo e l’altro. Io ci provo, anche se al momento le occasioni di lavoro sono tante”.
Sara, detto sottovoce ma non troppo, pensi di essere felice?
“Be sì, mi sento una persona felice e fortunata. Dal punto di vista lavorativo penso che sto seminando bene. Sono felice di ciò che ho fatto e sono ansiosa di scoprire che cosa mi riserverà il futuro. Penso sempre positivo e spero di non avere delusioni, anche se quelle sono sempre dietro l’angolo. Ma questo penso che lo sperino un po’ tutti”
Non possiamo che augurartelo, quindi.
“Grazie a voi per l’interesse, e un grosso bacio a tutti i lettori di Saturno22 perché siano sempre felici”.

Breve curriculum di Sara Putignano.
Nel 2010 si diploma all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, durante il triennio accademico partecipa a seminari intensivi diretti da E. Nekrosius, N. Karpov, L. Baur e M. Placido. Nel 2009 per la Biennale di Venezia va in scena con lo spettacolo “L’impresario delle Canarie” con la regia di L. Salveti; a fine percorso accademico si diploma con un doppio saggio, uno diretto da V. Binasco e l’altro da L. Ronconi.
Nel 2011 è selezionata come finalista del “Premio Nazionale delle Arti”. Durante i quattro anni successivi è selezionata da L. Ronconi per continuare la sua formazione nel centro di ricerca teatrale “Santa Cristina”; sempre nel 2011 va in scena con due spettacoli diretti da L. Bargagna “Le Nuvole” di Aristofane e “La bottega del caffè” di C. Goldoni. L’anno seguente lavora nella produzione del Teatro di Roma “Gli innamorati immaginari” regia di L. Petrillo e ancora nel 2012 diretta da L. Ronconi debutta nel ruolo de La Madre nello spettacolo “In cerca d’autore” studio su i sei personaggi di L. Pirandello (nel 2014 è stata registrata una versione televisiva con la regia di F. Cappa andata poi in onda per RAI 5).
Nel 2013 recita in “Lungs” di D. Macmillan con la regia di M. Farau, prodotto dal teatro Due di Parma. L’anno successivo è fra gli interpreti di “Visita al Padre” R. Schimmelpfenning prodotto dal Piccolo Teatro di Milano, regia di C. Rifici e ne “I Vicini” testo e regia di F. Paravidino, produzione del Teatro Stabile di Bolzano; durante lo stesso anno va in scena con la compagnia BluTeatro, della quale è socia fondatrice, nello spettacolo “Verso occidente l’impero dirige il suo corso” di D. F. Wallace regia di L. Bargagna.
Nel 2015 è in scena con “Soap Opera” testo e regia di C. Lievi, coproduzione E.R.T e Teatro stabile di Bolzano, e affianca F. Falco (che ne cura la regia) in “Ritratto d’Italia” tratto da “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’ Italiani” di G. Leopardi.
Al Teatro Due di Parma nel 2016 interpreta Julie nello spettacolo di A. Strindberg “La signorina Julie” con la regia di W. Le Moli; nello stesso anno è in scena con due spettacoli diretti da S. Peroni: “Cock” di M. Bartlett e “The Effect” di L. Prebble e sempre nel 2016 interpreta Porzia nel “Mercante di Venezia” di W. Shakespeare per la regia di L. Scaramella al Globe Theatre di Roma. Sempre nel 2016 diretta da D. Ciprì recita in “Wonderland” spettacolo con le musiche dal vivo di S. Bollani e prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano.
In cinema è protagonista nel 2012 del corto “Sconosciuti” di T. Landucci e recita nel film “La dolce arte di esistere” regia P. Reggiani. Nel 2014 è coprotagonista in “Ambo” regia di P. di Lallo e nel 2015 è ne “La scuola d’estate” documentario sul centro di ricerca teatrale “Santa Cristina” diretto da J. Quadri . Nel 2016 partecipa al film “Il padre d’Italia” con la regia di F. Mollo.
Nel 2016 vince il premio “Virginia Reiter” come miglior attrice italiana under 35 e il premio “Eleonora Duse” come miglior attrice emergente.

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